Svelata la storia dello Svalan
Svelata la storia dello “Svalan”
Di seguito puoi leggere la storia completa
Svelata la storia dello “Svalan”
Di seguito puoi leggere la storia completa
Si è conclusa la campagna di ricerca mira ad identificare il relitto che giace nello specchio di mare antistante la rada di Pace.
Negli scorsi mesi Ecosfera ha svolto, con l’appoggio logistico della “Agenzia Industrie Difesa – Arsenale Militare Messina” e con il supporto di conoscenza storica della “Assoc.ne Ferrovie Siciliane AFS” e la supervisione della “Soprintendenza del Mare” un attivit’à di ricerca mirata all’indentificazione del relitto, erratamente conosciuto come “Pentwingas”.
Qui di seguito il Documento conclusivo della ricerca.
N/T Cariddi – La storia della navigazione nello Stretto
La nave traghetto Cariddi venne varata a Trieste nel 1930 presso i Cantieri Navali Riuniti dell’Adriatico, e fu una delle prime unità della flotta FS, all’epoca in servizio nello Stretto (1932), ad essere dotata di motori diesel-elettrici, i primi del genere nella marina mercantile italiana. La sua forma d’origine era diversa da quella che ricordiamo, innanzitutto per la presenza di un solo fumaiolo, poi per il diverso aspetto di tutta la zona di prua (completamente aperta), per la presenza di tre binari anziché quattro e per la lunghezza decisamente più corta (di circa 11 metri).
All’epoca della sua immissione in servizio la nave rappresentò una vera e propria rivoluzione nel panorama dei trasporti dello Stretto, aumentando notevolmente la capacità di carico di mezzi ferroviari e non, la frequenza dei collegamenti tra le due sponde Calabrese e Siciliana e il confort dei passeggeri che vi soggiornavano con addirittura un alloggio reale ricco di legni pregiatissimi. Insieme alla unità “gemella” Scilla, di poco più anziana, la Cariddi divenne subito l’ammiraglia della flotta FS d’anteguerra; ad essa fu subito affidato il traghettamento dei convogli viaggiatori più prestigiosi.
Sia la Cariddi che la Scilla ereditarono il loro nome da una precedente coppia di ferry-boats con azionamento a pale e motore a vapore, entrate in servizio alla fine del 1896, esattamente tre anni dopo il rilascio della concessione per la navigazione a vapore attraverso lo stretto alla Società per le Strade Ferrate della Sicilia avvenuto nel Novenbre 1893. Nel nostro caso ha senso quindi parlare di “Cariddi II”. Per la cronaca la “Cariddi I” terminò il suo servizio nel 1923 mentre la gemella “Scilla I” fu silurata (o saltò su una mina, la cosa è controversa) davanti all’abitato di Catona nel 1917, durante la I Guerra Mondiale quando lo Stretto fu dichiarato fronte di guerra ed equiparato alla prima linea delle Alpi.
Durante il Secondo Conflitto tutte le navi traghetto delle F.S. vennero coinvolte nelle operazioni belliche: la gemella Scilla entrò a far parte del naviglio ausiliario militare e con personale misto posava mine nel canale di Sicilia per poi essere affondata da bombardamento aereo nel porto di Messina, l’Aspromonte trasportò truppe tedesche fino a quando venne affondata a Capo Bon per siluramento, la Reggio ed il Villa vennero autoaffondante in porto; la Cariddi invece superstite ma svariate volte colpita da incursioni aeree, nell’estate del 1943 fu protagonista di una incredibile vicenda. Le truppe alleate erano ormai alle porte di Messina quando la Marina Militare, ordinò al comandante del traghetto di autoaffondare la nave. Così, il 16 agosto di quell’anno la Cariddi carica di materiale bellico tedesco si trovava all’ancora in prossimità della rada Paradiso (impossibilitata al governo per un incendio in macchina) in attesa di essere rimorchiata a Villa San Giovanni; qui furono aperte le “prese-mare” per allagare i locali sottocoperta e farla affondare.
Il traghetto però resistette fiero all’allagamento e, per farlo andar giù, fu necessario ricorrere all’esplosivo procurando delle falle a bordo. Ciò accelerò l’affondamento della sfortunata unità causando purtroppo anche il suo ribaltamento. La Cariddi si ritrovò, così, adagiata, capovolta, su un fondale di circa 20 metri e così rimase per circa sei anni.
Concluse le operazioni belliche, tra il 1946 e il 1948, la nave, ancora immersa, fu liberata dai palombari sia dal materiale bellico che da tutte le sovrastrutture. Successivamente, nel 1949, l’incremento della richiesta di trasporto attraverso lo Stretto di Messina e considerato che non erano ancora pronti i traghetti (i futuri Secondo Aspromonte e Mongibello)ordinati dalle FS per rilanciare il servizio tra Messina, Villa San Giovanni e Reggio Calabria, l’amministrazione FS decise di recuperare la nave, incaricando a tal fine la ditta Weigert di Messina. Le operazioni di recupero del relitto (era ormai rimasto il solo scafo capovolto) si conclusero il 21 luglio 1949; vennero dapprima tappate le falle, chiusi tutti gli oblò e sistemate alcune lamiere e paratie danneggiate. Così utilizzando 6 cilindri stabilizzatori riempiti d’aria e vincolati alla nave dai palombari, la Cariddi riaffiorò! A testa in giù il traghetto fu rimorchiato nel porto di Messina.
Dopo alcuni mesi la nave capovolta venne ormeggiata in prossimità del porto del capoluogo peloritano fino a quando il 21 dicembre 1949 ebbe finalmente luogo l’operazione di ribaltamento dello scafo.
Nei mesi precedenti al raddrizzamento, il relitto fu sottoposto ad interventi di ripulitura, manutenzione e al recupero di tutte le apparecchiature e i materiali riutilizzabili, previa revisione, in fase di ricostruzione. Le condizioni dello scafo si rivelarono più che soddisfacenti: non vi erano rilevanti deformazioni delle lamiere ne falle o lacerazioni ad esclusione di uno squarcio a prora, sul lato di dritta, al di sopra della linea di galleggiamento, verosimilmente prodottosi in occasione dell’autoaffondamento.
La ricostruzione della nave fu commissionata alla Società Cantieri del Tirreno di Genova, la quale, tuttavia, non disponendo né del bacino di Palermo, impegnato per lungo tempo in altri importanti lavori, né di quelli di Genova per ragioni di indole economica, propose di tagliare la nave in due tronconi da alare su uno degli scali del Cantiere di Riva Trigoso, da allineare e poi ricongiungere. La Cariddi fu quindi rimorchiata fino a La Spezia dove, il 9 dicembre 1951, venne tagliata in due parti presso uno dei bacini dell’arsenale della Marina Militare. I due tronconi dello scafo furono poi rimorchiati a Riva Trigoso, dove il primo (tronco prodiero) fu alato sullo scalo n° 3 del Cantiere il 14-12-1951 ed il secondo sullo stesso scalo, in proseguimento del primo, il 19-12-1951.
Fu a quell’epoca che nacque l’idea di approfittare del taglio della nave per aumentarne la lunghezza di circa 11 metri, sufficienti per maggiorare la lunghezza del fascio dei binari in misura tale da consentire un aumento della capacità di carico da 32 a 36 carri di tipo “F”, interponendo fra i due tronconi, opportunamente distanziati dopo l’allineamento, una terza sezione lunga 11 metri (quella con il secondo fumaiolo). I binari diventarono quattro, furono installati nuovi motori e la parte di prua fu modificata in modo tale da creare sopra il ponte binari una piattaforma per il trasporto di autoveicoli. Si approfittò dei lavori anche per dotare la nave di un castello prodiero (caratterizzato dai due portelloni a rotazione mossi da motori elettrici) e prolungare il ponte di passeggiata creando una piattaforma capace di ospitare 15 autovetture, ciò per far fronte al continuo aumento degli automezzi che richiedevano il passaggio attraverso lo Stretto di Messina. La Cariddi acquisì così l’aspetto che l’ha contraddistinta fino ai nostri giorni, fatte salve alcune modifiche intervenute negli anni ’60 (tra cui la modifiche del tracciato dei binari per consentire il passaggio delle vetture passeggeri lunghe circa 26 metri) e nei primi anni ’80 (installazione nuovi motori Diesel a 4 tempi).
Il secondo varo fu celebrato il 20 ottobre 1953 alla presenza del Ministro dei Trasporti, del Direttore Generale delle F.S. e di altre autorità e personalità. Subito dopo la nave fu rimorchiata a Genova nel cui porto il giorno successivo fu sottoposta alla regolamentare prova di stabilità. I risultati furono soddisfacenti, così, dal 25 ottobre all’8 novembre furono imbarcati sulla nave combustibili, lubrificanti, dotazioni e provviste e si eseguì la messa a punto di tutti i macchinari principali ed ausiliari. Dal 16 al 18 novembre 1953 la nave effettuò le prove ufficiali in mare aperto con funzionamento continuo di tutti i macchinari per oltre 54 ore, durante le quali furono tenute andature varie e varie potenze (compresa quella alla massima potenza per sei ore), nonché le prove di evoluzione, di arresto di moto, di azionamento dei timoni in marcia avanti e in marcia indietro, il rilevamento dei consumi di nafta e di olio, ecc.
Ultimate le prove, la nave rientrò nel porto di Genova dove, nei giorni successivi furono completati alcuni particolari di allestimento e di pitturazione.
Il 24 novembre la nave levò le ancore per affrontare il viaggio di ritorno nelle acque dello Stretto ove giunse il successivo 27 novembre accolto – ancora una volta secondo quanto raccontano le cronache del tempo – con grandi festeggiamenti ed una memorabile partecipazione popolare. Infatti, appena doppiata Punta Faro il traghetto fu circondato dalle barche dei pescatori che, a remi, gli si erano fatte incontro, i pullman che percorrevano la strada statale costiera suonavano i loro clacson in segno di benvenuto, migliaia di messinesi dagli arenili costieri agitavano i loro fazzoletti in segno di saluto. A tutti rispondeva il Cariddi facendo urlare la sua sirena di bordo. In prossimità del porto tutti i traghetti all’epoca in servizio si fecero incontro al nuovo arrivato, come per accogliere la nave ammiraglia.
Il Cariddi riprese servizio il 30 dicembre 1953, poco più di dieci anni dopo il suo autoaffondamento, e per 38 anni (effettuò il suo ultimo viaggio in servizio giorno 14 Febbraio 1991) ha assicurato il traghettamento dei più prestigiosi convogli ferroviari e di autovetture tra le sponde siciliane e calabresi con solerzia, fierezza ed eleganza.
Proprio nel 1991 le FS posero in disarmo la nave (08.11.1991) e, nel 1992, la vendettero alla Provincia regionale di Messina.
L’anno successivo, 1993, la Soprintendenza per i Beni Culturali della Regione Sicilia dichiarò la nave bene d’interesse storico ed etno-antropologico particolarmente rilevante: l’idea iniziale era quella di farne un museo del mare, galleggiante, monumento alla cultura marinara tra le due sponde dello Stretto.
Una volta acquistata, sempre secondo quanto riportato dalle cronache locali, nacquero per la Provincia alcune difficoltà di gestione della nave; infatti, per la manutenzione ordinaria l’Amministrazione provinciale si rivolse ad una agenzia marittima, con la quale stipulò una convenzione. Successivamente sorsero problemi riguardo il pagamento delle prestazioni d’opera e di servizi di tale agenzia la quale interruppe le proprie prestazioni in favore della Cariddi.
Abbandonata al proprio destino ormeggiata al molo Norimberga del porto di Messina, per diversi anni la Cariddi è stata vittima, a volte di piccoli furti e, altre volte, di veri e propri saccheggi, rifugio di gente senza dimora, registrando anche un principio di incendio che ne ha danneggiato alcuni saloni. Nessuno sapeva cosa fare di questa nave. Talvolta le cronache locali hanno riferito di manifestazioni di interesse all’utilizzo della nave presentate da persone o Enti, ma nessuna di queste manifestazioni si è poi concretizzata, vuoi per un motivo vuoi per un altro.
Per esigenze di spazio all’interno della zona falcata del porto di Messina e per sottrarla (forse) alle continue visite di persone senza scrupoli che l’hanno via via cannibalizzata e di altre, sbandate, che vi avevano posto dimora, la nave fu spostata appena fuori dal porto di Messina in prossimità degli approdi dei traghetti delle compagnie private di navigazione. L’epilogo era ormai inevitabile, quella collocazione era troppo esposta alle intemperie ed ai marosi. Così, il 14 marzo 2006 la Cariddi ha “mollato” e si è lentamente adagiata sul fondale inclinandosi sul proprio fianco sinistro.
Seguirono le inutili polemiche, le ordinanze di rimozione del relitto da parte della locale Capitaneria di Porto, l’apertura di un fascicolo d’inchiesta da parte della Magistratura, ma tutto ciò non portò a nulla di più di qualche trafiletto di cronaca sulla locale testata quotidiana.
Oggi, la Cariddi è ancora sott’acqua, di lei affiora solo una parte della poppa a perenne monito degli effetti dell’incuria, del disinteresse e dell’abbandono, “forze” — queste — intangibili eppure talmente efficaci da far affondare la Cariddi, per la seconda volta e senza
zavorre o esplosivi.
A cura
della Soc. Cooperativa Ecosfera e della Assoc.ne Ferrovie Siciliane AFS
MESSINA
di Stefano Ruia:
Raramente accolgo volentieri l’invito a immergermi all’interno di un porto. Le condizioni sono scoraggianti: in genere, infatti, la profondità è limitata, la visibilità scarsa e sul fondo si trovano molti rifiuti od oggetti gettati via dai frequentatori della superficie. Questo tuttavia è il regno degli Ots bassofondalisti, che hanno sempre qualcosa da fare: sistemare un corpo morto…
….Continua a leggere l’articolo che Stefano Ruia ha scritto per “Il Subacqueo”
di Stefano Ruia
“Aggiusto meglio la sdraio e guardo il mare di fronte alla spiaggia. Il variare delle increspature sulle onde mostrano chiaramente che la corrente è forte. Oltre il mare la ripida costa di Scilla è inondata dalla luce del tramonto. Mi giro verso il sole basso sull’orizzonte. Una grossa nave portacontainer si sta avvicinando all’imboccatura dello stretto. Con questa aria pulita e questa ottima visibilità sembra più vicina di quanto sia in realtà. Come al solito, in queste situazioni, commento: «Non male come relitto proprio in quel punto, così vicino al diving»”
….Continua a leggere l’articolo che Stefano Ruia ha scritto per “Il Subacqueo”
Risalendo lungo la costa il reef di Abu Nuhas è stato teatro di numerosi naufragi, tra questi i più famosi sono: i mercantili Markos Dana, Carnatic e Chrisoula. Attraversato lo stretto di Gobal, a ridosso della costa del Sinai, nei pressi dell’ampio reef di Sha’ab Ali giace su un fondale di 30 mt uno dei relitti più affascinanti nel mondo: il Thistlegorm, affondato nel corso della 2° guerra mondiale con il suo carico bellico ancora disposto nelle stive. L’itinerario prevede anche immersioni naturalistiche lungo pareti e fondali ricchi di vita e di colori; il parco marino di Ras Mohammed, la parete di Bluff Point sulla punta nord di Gobal Seghir, l’isola di Umm Gamar e i torrioni di Carless Reef sono solo alcune delle località subacquee che meglio rappresentano le meraviglie del Mar Rosso. Il prezzo orientativo e’ di 1100 euro a persona, ma stiamo ancora lavorando con l’operativo voli.
Nel corso dell’incontro cui hanno partecipato l’assessore alle politiche del mare, Pippo Isgrò; il comandante del distaccamento Marina militare di Messina, capitano di vascello, Pasquale Bardetta; il comandante la Capitaneria di Porto, capitano di vascello Nunzio Martello; il Soprintendente del mare, prof. Sebastiano Tusa; il presidente della Cooperativa Ecosfera, Domenico Maiolino, ed il presidente ASD Nettuno, Daniele Cotogno, è stato anche confermato che il bronzeo rostro di una nave di epoca romana, ritrovato alla fine della estate del 2008 al largo di Acqualadroni, è in fase di restauro a Pisa e fra tre-quattro mesi dovrebbe far ritorno a Messina, per essere esposto in un sito comunale della città. Le immersioni di ricerca del relitto del Produgal sono state effettuate dal 22 al 26 gennaio
scorso dai sub della cooperativa Ecosfera, insieme ai tecnici della Soprintendenza del Mare della regione siciliana ed ai sommozzatori della Marina Militare appartenenti al Nucleo SDAI di Augusta. Nel corso della campagna di immersioni sono state eseguite le misurazioni del relitto e la documentazione video fotografica, evidenziando elementi che hanno permesso l’identificazione della nave a vapore, a 65 metri di profondità, nel piroscafo “Produgal”, 90 metri di lunghezza, 12 di larghezza e una stazza di 2392 tonnellate, appartenente alla compagnia di navigazione russa Svorono & E. di Pollone con sede a Mariupol. Costruita nel 1890 a Middlesbrough da Sir Raylton Dixon & Co. per la compagnia Ruskin SS Co (A. Holland & Co) di Londra con il nome di Ruskin, nel 1901 passò alla Darwin SS Co. Nel luglio del 1908 venne venduta alla compagnia russa Svorono & E di Pollone (Mariupol, Russia) e ribattezzata Produgal. Le immersioni all´interno della zona Militare del porto di Messina, che sono state autorizzate dal Comando Militare Marittimo Autonomo in Sicilia, sono state state accompagnate da una ricerca storica del relitto, eseguita in collaborazione con l´associazione “Nettuno”, attraverso il reperimento di notizie giornalistiche che riportavano notizie dell´affondamento.
Poche settimane dopo il 28 dicembre del 1908, il “Victoria Daily Colonist” e l´australiano “The Mercury” riportarono il tragico affondamento del mercantile Produgal che si trovava all´interno del bacino di carenaggio per riparazioni, da cui venne spostato dalla potenza dell´onda del maremoto. Negli articoli vengono riportati i racconti di Constantine Doresa, incaricato dalle compagnie assicurative per sovrintendere i lavori in bacino, e che insieme ad alcuni membri dell’equipaggio dello stesso Produgal, si unirono agli altri equipaggi di navi presenti in porto per il salvataggio dei superstiti del sisma. Il relitto, ritrovato dopo oltre cento anni, si presenta integro per la maggior parte delle sue strutture, ed è insabbiato di circa 3 metri, per tutta la sua lunghezza. La prua corrisponde nelle sue forme a quanto indicato nei disegni costruttivi mentre assenti sono ancore e le relative catene dagli occhi di cubia, mentre l’argano salpa ancore non è più nella sua posizione originaria. Elementi dell’alberatura prodiera giacciono nei pressi del secondo boccaporto della stiva di prua ed il carruggetto di dritta, che alloggiava il relativo fanale di via, è distrutto, mentre quello di sinistra è integro. L’accesso alla stiva prodiera, vuota, è facile attraverso due ampi boccaporti. Nel Ponte di comando sono ancora visibili nella timoneria i resti del timone ed in sala macchina la macchina a vapore, a triplice espansione con le sottostanti caldaie. Ottimamente conservata la cucina con vari utensili.
Ancora i lavori non sono terminati, stiamo preparando tutti gli incartamenti…stiamo lavorando all’editing del materiale Audio Video da fornire alle autorità… nel frattempo ci divertiamo ad anticipare qualche contenuto:
{youtube}pEGpZGN40ow{/youtube}
… e uno dei mattoni refrattari prodotti presumibilmente da “Williamson-Cliffe & Company in Stamford ” fotografato al’interno della nave…
…quasi 2 anni di lavoro, mesi e mesi di ricerche.. con Daniele, Salvatore, Enzo, Lorenzo, Alberto, Marco, Matteo, Fulvio, Peppe, Josè, Cosimo, Giusy, Gina..
… altrettanti mesi per ottenere i nulla osta ad immergerci…. (la prima ordinanza del 2010 emessa dalla Guardia Costiera di Messina è proprio per Ecosfera) … .ed il piacere di invitare alcuni amici, Lorenzo Del Veneziano, Filippo Mallamaci (http://www.scubapoint.it/), l’esperto di storia navale Marco Errigo, gli esperti Sub Pippo Cucinotta e Salvatore Platania…
… alle istituzioni:
… la Soprintendenza del Mare…. con la presenza dell’ Ingegner Lino
… La Marina Militare …. con la presenza del nucleo SDAI
…. La Guardia Costiera .. .con l’assistenza logistica a mare
… L’Agenzia Industria e difesa.. per l’assistenza logistica a terra
a tutti loro va il grazie sentito di Ecosfera.
L’appuntamento è alle prossime spedizioni….in un mondo tutto da scoprire
La Soprintendenza del Mare ed Ecosfera insieme all’A.S. Nettuno, la Marina Militare e la Guardia Costiera dal 22 Gennaio è impegnata in un attività di ricerca e identificazione del relitto della nave Produgal , affondata all’interno del porto di Messina durante il terremoto del 1908 a causa del conseguente maremoto. Dopo mesi di ricerche si è arrivati alla raccolta di tutto il materiale presente negli archivi internazioali sulla nave in oggetto.
Briefing dopo la prima giornata di immersione insieme all’ing. Lino della Soprintendenza del Mare.
Un dettaglio dei piani costruttivi.
La partenza dei nostri “esploratori”.
23 Gennaio 2010, è quasi certamente il relitto del “Produgal”, la nave che giace sul fondale del porto di Messina, la seconda giornata di immersioni ci ha regalato maggiori dettagli sul relitto stesso, dettagli che confrontati con i dati in ns possesso dai registri dell’epoca ci consentono di affermare con buona sicurezza che il relitto individuato in assetto di navigazione si possa trattare proprio della nave russa “Produgal”.
Dai registri navali dell’epoca e dai piani costruttivi in ns possesso la nave era lunga 297 piedi (90,6mt) e larga 40 piedi (12.2 mt), una immersione effettuata poche ore fa da un team di ns sub ci ha rivelato che il relitto che giace dentro il porto di Messina è stato misurato in 91.5 metri. Questa misurazione è stata effettuata in due parti misurando dal fumaiolo vs Prora e vs Poppa. Inoltre la nave presenta molte caratteristiche corrispondenti a quanto presente nei piani di costruzione.
Una penetrazione in sala macchine (in cui era presente tantissima sospensione) ha permesso di stabilire che l’unità propulsiva è a tripla espansione, proprio come quanto riportato sui registri dell’epoca, la forma della poppa è ellittica come riportato sui registri del 1895 di questa nave quando ancora si chiamava “Ruskin” e aveva bandiera Inglese.
Nelle stive di poppa è ancora presente nel suo alloggiamento originale l’elica di rispetto a 4 pale , sono presenti molti oblò dotati di vetro, è presente l’elica principale e si trova semi insabbiata per qualche metro, nelle cucine sono ancora presenti stoviglie. Il piano di coperta a prua è ad una profondità di -56mt ed è adagiata su un fondale di circa 65m mt. La nave si trova in posizione di navigazione con la poppa rivolta verso la terraferma, dai giornali dell’epoca la nave si trovava in secco al bacino per alcuni lavori di modifica (a luglio del 1908 era stata acquistata dalal Svorono di Pollone) e da quanto racconta Constantine Doresa ,che si trovava all’Hotel Trinacria a messina durante i giorni del terremoto a curare questi lavori sulla nave, l’onda di maremoto generata dal terremoto strappò la nave dalla terraferma e la sbalzo in acqua, causando il successivo affondamento.
Ecosfera continua fino a martedì l’attività di ricerca sulla Produgal al fine di raccogliere quanti più elementi da condividere con le autorità competenti al fine di aggiungere altri tasselli alla storia di questo ns mare.
Qui di seguito una rappresentazione grafica della nave e degli elementi identificativi rilevati e documentati durante la missione:
23 Luglio 2009
Pubblichiamo oggi il risultato di un lavoro durato circa un anno e che ci ha consentito di attirbuire un nome al relitto che giace davanti la spiaggia di Cannitello.
Si tratta della Alvah, nave inglese che naufragò nel 1895 in seguito ad una collisione avuta nello Stretto di Messina.
Pubblichiamo un documento che abbiamo preparato per illustrare la ricerca condotta.
Dopo la Bowesfield, Luglio si conferma il mese delle identificazioni per il nostro team che, ricordiamo, si avvale dell’insostituibile supporto degli amici dell’ A.S.D. Nettuno.